sexta-feira, 10 de janeiro de 2014

UN MIO PENSIERO



NON  NASCONDIAMOCI  DIETRO  UNA  PAROLA

A volte penso e cerco in me il motivo per il quale l'essere umano si inerpica sul suo  ego-centrismo, misurando tutto il suo agire in funzione del proprio ego. L'agire, il pensare, il fare, ponendo il proprio esistere come unità di misura della propria esistenza scardinando tutto il resto e riducendo, tutto il resto a pura scenografia. Secondo un mio pensiero, l'ego-centrismo può essere o può diventare un percorso egoistico-mentale che  porta l' essere umano ad intraprendere una forma autoritaria e repressiva nei confronti di chi si scosta da una visione dove non è contemplata la libertà del soggetto in quanto persona e che non accetta di sottomettersi o sottostare alla stessa forma autoritaria limitante.

In questa "riduzione", il valore dell' altro come persona non viene contemplato come valore alla pari, ma funzionale alle "esigenze" egocentriche, ritenute e considerate prioritarie e valide solo per se stessi e sopra a tutto il resto. Cosa si nasconde dietro a questa visione ? Quale distorta necessità si cerca di nascondere od occultare dietro a questo abnorme ego ? Molto è stato studiato e scritto a proposito, ma rimane di capire, al di là ed oltre di molti scritti importanti e della ricerca scientifica, come ancora ci sia questa sub-cultura o pseudo-cultura mentale dove esiste o resiste una visione verso il mondo esterno a noi, un mondo che deve o dovrebbe "inchinarsi" alla nostra volontà ego-centrica.

Trovo strano questo nostro tempo dove la conoscenza rispetto al passato è profonda, diffusa ed alla portata di "tutti", ed è riuscita a scandagliare in profondità la psiche, anche se si tratta di un immenso universo che forse non si riuscirà a scoprirlo tutto, ma che tuttavia, l' essere umano o una cospicua parte di esso, rimane ancorato a modi, concezioni o superstizioni mentali ad un passato che sembrerebbe non avere legami col "presente moderno". Sembrerebbe.Ecco, è qui che lo "stupore" si fa strada. Per citare solo un esempio, la visione fortemente ego-centrica, che diventa poi violenza, dell' uomo verso la donna, che si manifesta considerandola ancora oggi, nel terzo millennio, una cosa, una sua proprietà, un qualcosa meno di persona alla pari.

In questi giorni ho letto un intervento, un articolo, dove era descritto il desiderio di eliminare il termine femminicidio, perché ritenuto offensivo verso la donna considerandola con quel termine, solo femmina, e che questo termine riduce la sua importanza che le spetta come donna. Questa tendenza di eliminare un termine che sembra scomodo, è un modo forse di evitare la realtà ? Ovviamente è un punto di vista che rispetto, anche se non concordo. Ma, temo possa essere un modo per distogliere l' interesse, in quanto tale termine non è volto a sminuire la donna, non è contro la donna, anzi giusto il contrario, ma è stato coniato per portare e puntare        l' attenzione come un' accusa forte, su una follia criminale da parte dell' uomo-maschio. Una follia criminale di genere. Qui, è dove si deve prestare attenzione!!

Quando si parla di femminicidio e si usa questo termine si intende sì, indicare un crimine indirizzato contro la donna in quanto donna, e quindi di genere, ma non è rivolto contro la donna per sminuirne il suo valore di persona, ma bensì contro l'uomo, a quell' uomo che considera la donna solo una femmina e quindi di sentirsi autorizzato di gestire a suo modo la sua esistenza. Usare questo termine è puntare un dito d' accusa contro l' uomo-maschio, e non contro la donna; significa indicare che chi è autore di femminicidio è colpevole di uccidere la donna in quanto donna, non accettando il fatto che essendo persona, non è di sua proprietà ed ha piena facoltà alla propria libertà come persona; è valorizzare il ruolo e la figura della donna andando oltre l' immagine solo femminile che spesso viene mercificata, e porre l' attenzione su un fatto criminoso, purtroppo da troppo tempo ignorato.
Un termine, una parola, che dovrebbe far capire la mostruosità mentale che cova dentro all' uomo-maschio.

È di sicuro un termine forte, ma vogliamo metterlo a confronto a ciò che la donna in quanto tale, continua subire ? Cosa è più orrendo allora ? Ecco, temo che portare o spostare l' attenzione sul termine in sé, ritenendolo errato od offensivo, non vorrei fosse una deviazione meditata per spostare altrove l' attenzione, mentre il femminicidio, vuole far comprendere e  indicare chi è l' autore e chi è la vittima ed il contesto mentale dove nasce questa follia criminale di genere.
Nell' articolo si valutava di optare caso mai con il termine, genecidio. Secondo l'articolo letto, femminicidio, riduce al solo fatto di femmina e non di donna, il contesto della violenza. Lascio ad ognuno il libero pensiero di valutazione.

Sarebbe come dire, non usiamo o cancelliamo la parola, guerra, perché è terribile per il suo significato che ci ricorda gli orrori; oppure eliminiamo la parola, shoah, che ci ricorda uno sterminio; oppure non diciamo più stupro di massa, quando questo accade in molte guerre anche recenti.
Avere paura o sentirsi sminuiti da un termine, perché questo termine porta in sé, secondo un certi modi di pensiero, un valore errato oppure ci "sconvolge" la giornata, forse si cerca di insabbiare la realtà o addirittura, come detto sopra, deviare                l' attenzione, modificarla.

Cerchiamo invece di evolverci culturalmente e di non nasconderci dietro ad un dito, ma cerchiamo di risalire il pendio culturale dove stiamo scivolando, ed affrontiamo con coraggio ciò che c'è dentro alla parola stessa, dove in essa c'è il valore della donna e non un intervento lessicale dove viene considerata solo come femmina.
Non eliminiamo la parola, ma cerchiamo di andare oltre a questo falso modo di nascondersi, eliminando le cause del femminicidio, che sono raccolte e contenute, dentro alla mente primitiva dell' uomo-maschio. Ben vengano parole nuove, anche se terribili, se servono a farci capire le atrocità compiute, ma non facciamo la misera figura di "sconvolgerci" dal termine, ma sconvolgiamoci piuttosto sul fatto di ciò che il femminicidio, purtroppo ci racconta ed è: sangue, violenza, donne uccise.
Donne, alle quali è stato negato il diritto di esistere come donna e persona. Questo è da eliminare, non il termine in sé, coniato per identificare chi ne è causa e ciò che accadeva da tempo e da troppo tempo veniva o viene ignorato, e che abita dentro ad una mente primitiva.Niente dita dove nasconderci, niente false ipotesi per distrarre, ma il coraggio di agire e dare il diritto alla donna, la sua libertà che le spetta come persona.Non mi sconvolge il termine, ma mi sconvolge ciò che in quel termine è racchiuso e sono convinto che in quel termine non viene esaltata la femmina in quanto tale, ma viene indicato ciò che una mente primitiva considera sia la donna e quindi, mi ripeto, il termine indica il mostro e ciò che fa il mostro e ciò che esso pensa e considera chi colpisce e uccide.

Quel termine è rivolto come accusa a chi uccide, perché non in grado di considerare il valore di cui si parla: persona. È giunta l' ora, io credo, che noi maschi ci facciamo una revisione culturale, senza nasconderci dietro a nulla e tanto meno al nostro ego-centrismo a volte mostruosamente giganteggiante.È solo il mio pensiero.


Testo di ROBERTO ROSSI
Scrittore, Poetta & Pittore

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